LO SCEMO DEL VILLAGGIO
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giovedì 19 giugno 2008

E l'insalata si ribella!

Si vede che questo film è girato da un regista non americano.
Nonostante l’imprinting holliwoodyano che ha portato l’indiano Shyamalan ad adottare uno stile indubbiamente sensazionalistico e all’americana, la sceneggiatura e alcuni passi del film fanno capire che c’è l’impronta di una posatezza e di una vena ironica che fanno poco americano.
Nel nord ovest degli Stati Uniti inizia a prendere piede uno strano e inquietante fenomeno: nei parchi cittadini le persone tutt’a un tratto si intorpidiscono, iniziano a camminare all’indietro, ripetono le ultime parole dette da lucidi e si suicidano. Nei modi più fantasiosi e truculenti possibili.
Scatta il panico, New York – la città nella quale è iniziato il fenomeno – si spopola.
Gran parte dei personaggi continueranno ottusamente fino a metà del film a credere che sia in realtà un attacco terroristico.
Le morti continuano.
Il protagonista, la sua moglie insoddisfatta, l’amico e la figlia escono dalla città e si ritrovano nel bel mezzo della fuga.
Il film è denso di colpi di scena (anche se a volte un po’ prevedibili), morti truculente, musica da brivido, e tensione.
Ho grandemente apprezzato il fatto che le vicende catastrofiche del film si limitino a una sola zona e non al mondo intero, finalmente non c’è tutta questa pressione esagerata.
Il film si concede qualche digressione nel mezzo dell’evento catastrofico, apre la porta a qualche vicenda secondaria, lascia punti ambigui per dare agli spettatori spazio di manovra per fare ipotesi sugli eventi. Forse i punti ambigui sono anche troppi.
Molti aspetti sono decisamente trascurati.
I numerosi suicidi e i movimenti di queste piante che emettono tossine venefiche creano un’atmosfera ben architettata che induce una forte angoscia nello spettatore.
Resta il fatto che non viene minimamente chiarito il modo in cui queste tossine agiscono.
Passare da uno stato normale al suicidarsi non si può spiegare con la semplice inibizione di qualche cellula nervosa a opera delle tossine.
Shymalaman si è limitato a inventarsi a caso un decorso comune che precede questi comportamenti autolesionistici e a fare ammazzare tutte le sue vittime.
Certo, stiamo parlando di fantascienza, ma uno deve pur sempre imbastire qualche motivazione che possa almeno rasentare la pseudo-scientificità!
E la battuta del protagonista biologo, secondo la quale in natura ci stanno fenomeni che non possono essere spiegati, non la da a bere neanche a un ragazzino.
Un altro punto abbastanza stupido è il modo in cui i protagonisti si salvano spesso dalle tossine.
Se si trovano in una casa basta chiudere tutte le finestre e le porte.
Come se qualsiasi casa fosse un bunker atomico ermeticamente chiuso e isolato dal resto del mondo. Basterebbe uno spiffero minimo a farti prendere una boccata di quelle tossine.
Ma il punto più fastidioso a livello personale è la morale ambientalista del cazzo.
Il fenomeno viene spiegato come una reazione della natura contro lo strapotere dell’uomo.
Alla fin fine, se gli alberi si mettessero a fare gli spacconi, basterebbe scappare in mezzo al deserto, là stai col culo parato alla grande.
E se continuassero a rompere, basterebbe chiamare un bell’attacco al napalm, poi voglio vedere che cazzo hanno da dire le betulle.
Non sarebbe male se succedesse una cosa così. I primi a crepare sarebbero i salutisti della domenica, che vanno nei parchi a fare jogging o con le loro stupide biciclette
E i secondi a tirare le cuoia sarebbero i vegetariani, tutto il tempo a difendere i diritti degli animali e a prendersela con legumi e ortaggi.
Bastardi.

Voto 6/10

Ultima osservazione: dai tempi di Armageddon, quando c'è una catastrofe che colpisce la Terra, viene sempre e sistematicamente mostrata una scena in cui colpisce Parigi.
Le cose sono due.
O gli americani hanno una cultura geografica così povera da pensare che esista solo l'America e Parigi oppure ce l'anno a morte coi francesi e, se muore un americano, deve per forza tirare le cuoia anche un francese.
Probabilmente per entrambi i motivi.
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