LO SCEMO DEL VILLAGGIO
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venerdì 23 marzo 2012

Codardi

Si parla di articolo di 18 e relativo abbattimento.
Indignazione di tutti naturalmente.
A poco servono i pochi discorsi su quanto sia necessario fare un passo avanti, sul fatto che il posto fossi sia obsoleto e sul fatto che lo voglia l'Europa.
Tutte cazzate.
Potrà pure essere vero che molti (non tutti!) lavoratori italiani siano dei lavativi intoccabili grazie a questo articolo, ma delle tante cose che vanno fatte con urgenza in Italia questa è probabilmente agli ultimi posti in una lista di 10 riforme realmente necessarie.
L'abolizione dell'articolo 18 non ci aiuterà, poco ma sicuro, sarà la gioia di un paio di industriali incapaci che riescono a tirare avanti solo grazie a un costo del lavoro degno degli standard cinesi, senza contare il fatto che la concorrenza dei cinesi e degli altri paesi in via di sviluppo sarà sempre in grado di spazzarli via in ogni caso.
Ma andiamo in fondo alla cosa, invece che additare il nostro Governo di ladroneria.
Non è Monti che vuole abbattere il posto fisso.
Prima di lui ha cercato di farlo Berlusconi.
Da anni economisti e sociologi attaccano il posto fisso come genere di lavoro che genera il ristagno dell'economia, elogiando il posto fisso.
Non è una novità che Monti, abituato da una vita al posto fisso, si contraddica esaltando il lavoro precario.
Se gli italiani avessero avuto voglia di leggere un libro di economia, ma anche una pubblicazione divulgativa a prova di idioti, si sarebbero accorti che sono almeno 10 anni che economisti e sociologi spingono per il lavoro precario anche se sono loro dei classici esempi di lavoratori a posto fisso. Il problema è che gran parte degli italiani ha grossi problemi coi libri.
Certo, il mondo e l'Italia in particolare è pieno di laureati che muoiono di fame, ma questo dimostra una cosa nel caso degli italiani: l'ignoranza non paga.
C'è qualche speranza per quelli come me.
Forse.
Altro punto.
Come ho già detto, anche Berlusconi ha provato più volte a fottere l'articolo 18. E gli è andata male quando c'era bisogno dell'appoggio popolare. Ma ora c'è il Governo tecnico e il popolo, dopo aver fatto per 2 volte la cazzata di portare Berlusconi al potere, è stato per il momento messo da parte. Il problema è che il popolo si è già dimenticato che Monti non è il primo a voler attaccare l'Articolo 18 e non sarà l'ultimo. Ma gli italiani è come se non avessero capito che anche al prossimo momento succederà la stessa cosa se l'abolizione dell'Articolo non passa.
Qui viene l'altro grosso problema degli italiani: non ricordano il passato e non hanno la lungimiranza per guardare al futuro.
Ma non sempre.
A volte gli italiani guardano al futuro.
Quando si tratta di farsela sotto.
Perchè, diciamocelo, siamo in crisi.
Ma da quanto tempo diciamo che siamo in crisi?
Quand'è l'ultima volta che si è sentito in questo periodo l'Italia va a gonfie vele?
E non parlo delle dichiarazioni di Berlusconi e dei suoi pupazzetti dell'ultimo Governo, neanche di quelle fatte da Prodi.
Parlo delle dichiarazioni degli italiani.
Ebbene, gli italiani vivono la crisi da praticamente sempre.
C'è crisi.
Questa frase l'avrò sentita un migliaio di volte, da prima di Monti, da prima di Berlusconi, anche durante il Governo Prodi Bis.
Chi è secondo voi che dice questo tormentone più spesso degli altri?
Gli imprenditori, quelli che ti dicono questa simpatica cosetta quando ti presenti al colloquio.
A tutti i livelli, nelle imprese, nei progetti del sociale, nelle cooperative, nelle scuole, negli ospedali, nei negozi, nei supermercati.
Non possiamo assumerti, c'è crisi.
Ti dispiace se lavori anche questo pomeriggio? Non ho potuto assumere altre persone per aiutarti perchè c'è crisi.
No non possiamo fare questo progetto ora perchè c'è crisi.
Non possiamo licenziarti perchè la nostra azienda non può farlo per l'articolo 18, però se ti licenzi tu ti dò la liquidazione (o almeno gli stipendi arretrati) e stiamo tutti a posto come prima. Sai com'è: c'è crisi!
(Altro mito da sfatare. L'articolo 18 è già carta straccia in molte aziende che, anche se non fanno contratti ridicoli che rendono l'articolo 18 comunque inutile, trovano spesso in ogni caso qualche escamotage col quale fregarti senza apparire irregolari.)
Questo ti dicono, anche mentre alla televisione si vedo file chilometriche davanti a TRONY per il nuovo i-pad.
C'è crisi.
Questo tormentone ha avuto il boom con Monti, ma era già precedentemente presente, a prescindere dall'ottimismo irreale presentato da Emilio Fede sotto Berlusconi.
E a questo punto mi faccio delle domande.
Ma è vero che la crisi c'è sempre stata?
E anche se fosse vero, cosa impedisce a un'impresa di investire in un periodo di crisi e puntare, una volta tanto, sulla qualità?
Perchè è questa la situazione dell'Italia e dei suoi imprenditorucoli: sono così codardi che smettono di investire anche mesi prima di una presunta crisi.
E impresa, nella sua accezione etimologica, deriva proprio dal rischiare i propri investimenti in un'attività.
Un imprenditore codardo, piccolo, medio o grande che sia, ha sbagliato il suo lavoro.
Cosa fa in tutto questo il lavoratore?
Cerca di buttarsi sulla libera professione? No, per quello ci vuole un'istruzione e l'italiano è troppo ignorante per averla, oltretutto è un investimento ed è troppo codardo anche lui per investire.
Cerca di emigrare? No, mica posso lasciare mamma papà, la ragazzetta e gli amici del baretto!
Tira fuori il fucile e tenta la rivoluzione? No, io sono pacifista!
E allora che fa?
Si lamenta, posta link indignati contro monti su facebook, al limite ogni tanto fa una manifestazione in piazza.
E a quel punto si capisce abbastanza bene che il problema di tutto questo non è solo di Monti, non solo degli imprenditori, ma anche degli italiani stessi.
Perchè la maggiorparte di noi italiani è decisamente troppo codarda per smuoversi dalla crisi.
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