Diciamocelo.
I prodotti della Disney e degli altri enti di sua proprietà (quasi tutto meno il vostro culo praticamente, e forse anche quello ormai) sono ormai noti per dare al pubblico un prodotto da grande pubblico, per l'appunto. Un prodotto standard, senza alti nè bassi, senza spiccare nè nel pregio nè nella porcata per far felici la maggior parte delle persone (con le dovute eccezioni che spiccano verso l'uno o l'altro dei due precedenti poli).
La Marvel, in quanto ormai indiscusso marchio disneyano, non fa eccezione.
Continuino pure a snobbarla i nerdoni della DC, se un giorno anche quella passerà al lato oscuro disneyano saranno risate.
Detto questo, passiamo all'ultimo Thor.
Dopo due macchine spaccate in una provincia di mandriani sconosciuta nel mediocre primo Thor e la New York deturpata nell'ottimo The Avengers, Loki (Tom Hiddlestone) viene spedito a pagare per i suoi crimini, mentre l'odiato fratellone Thor (Chris Hemsworth) sta pacificando i mondi dell'universo.
Appare anche Zachary Levy nel gruppo di compagni di Thor, magari non ha una grande parte, ma l'affetto che provo nei confronti di lui dopo che ha fatto Chuck ha trovato una gratifica ulteriore.
Molto stranamente Tom Hiddlestone, che è sicuramente l'attore più bravo del film dopo Anthony Hopkins, ha riscosso più successo fra le fan femminili rispetto al protagonista Chris Hemsworth. Sarà bello pure Tom, ma il tizio di Thor mi sembrerebbe più carino se avessi gusti in tale ambito.
Io le donne proprio non le capisco.
Il protagonista, oltre al suo ruolo di pacificatore galattico, è ancora preso dalla bella astrofisica terrestre, interpretata da Natalie Portman.
Quest'ultima mi perplime.
Non ho ancora sufficientemente dati per dare un voto sulla sua carriera, non so se schierarmi nel gruppo di coloro che la considerano brava o di quello di coloro che la considerano una cagna, fatto sta nei film di Thor non mi convince.
Jane Foster è un'astrofisica di successo, una donna che mi aspetto essere di un certo spessore intellettuale, che però di fronte a Thor o quando pensa a lui (anche se sono separati da anni luce) ha una regressione verticale che la porta ad atteggiarsi come una shampista. Aldilà del fatto che nei film si è già compiuta una pesante deviazione rispetto al personaggio del fumetto, qui proprio non quadra. E non so dire se la colpa è di Natalie Portman o perché glie l'hanno detto i registi di sembrare una sedicenne, cosa che le riesce bene anche se secondo me non ha senso.
A parte ciò, il film è piacevole pur concedendosi svariate e pesanti licenze disneyane.
In fondo, non c'è niente di male nell'imporre una linea comica, specie se nel film riescono a farti ridere e anche bene, senza però eccedere.
Sì, la trama ha le sue forzature, ma è avvincente, non mancano i colpi di scena e si approfondisce nuovamente il rapporto ambivalente fra Loki e Thor, appena accennato nel primo film e messo da parte in The Avengers (c'era già troppa carne al fuoco).
Finale sdolcinato, inevitabilmente disneyano.
Ma con ulteriore colpo di scena.
Voto 7/10
Per lamentele, piagnistei, insulti e querele scrivete a tanci86@fastwebnet.it. Mandate anche una mail allo studio legale Culetti&Lopuppa & sons (mail: lopuppa.culetti@libero.it) da oggi anche su Facebook!
Padre, ho peccato: seguo questo blog!
lunedì 25 novembre 2013
martedì 19 novembre 2013
Zerocalcare: la profezia dell'armadillo
Se mi odiate regalatemi un libro a natale o per il compleanno.
La mia casa è un luogo che non accoglie persone, ma libri, e sono costretto a cercare di regolare severamente l'ingresso della carta stampata in casa, fallendo miseramente, dato che abito con gente che continuerà intelligentemente a comprare tonnellate di libri - anche inutili - fino a quando non verremo seppelliti definitivamente.
Vi è una limitata cerchia di libri che possono aggiungersi alla mia biblioteca personale e che sono abbastanza interessanti da vincere su quell'irritante sensazione che un giorno dovrò abbandonare questa casa perchè ogni suo singolo spazio per camminare, mangiare o cacare è stato occupato da libri.
Perchè succederà, visto che in questa casa si è realizzato l'idiota connubio fra l'acquisto compulsivo e l'accumulo seriale.
Detto questo, mi ero fatto prestare da un'amico uno degli albo di Zero Calcare per evitare questa gradevole sensazione.
E ho deciso che lo restituirò al proprietario e me lo comprerò per me.
La profezia dell'armadillo è un piccolo grande capolavoro.
È piacevole da leggere fin dall'introduzione scritta da Makkox, che non ha uno stile di disegno che personalmente mi piace, ma che scrive dannatamente bene.
Per chi non conosce Zerocalcare, è un fumettista che disegna strisce con storie brevi, storie di vita di tutti i giorni e trattate con umorismo, ma che ha anche provato a sperimentarsi in racconti più lunghi.
La profezia dell'armadillo è un insieme di strisce, legate le une alle altre in una trama che, tramite flashback, fa avanti e indietro fra il presente e l'infanzia dell'autore.
Si ride mentre si legge, si ride di gusto, eppure Zerocalcare non fa altro che mostrare la sua realtà, vista con gli occhi onesti di una persona semplice, schietta e con un grande senso dell'umorismo.
Non si ride soltanto.
Parla di cose serie, di una storia probabilmente vera e dolorosa per chiunque l'ha vissuta direttamente o indirettamente. Chi legge ride, poi si ferma, stupito di fronte a come evolve la storia, a come si approfondiscono i vari protagonisti. E poi ride di nuovo e si sorride alla fine, anche se con un sorriso amaro.
Questo albo ha il sommo pregio di dare tutto questo: leggero ma anche impegnato, divertente ma anche profondo, impregnato di ambiguità nevrotiche ma anche terribilmente lucido, rudemente proletario ma anche poetico, impregnato di una nobile semplicità.
E dannatamente realistico, anche quando i personaggi sono disegnati come personaggi di fantasia per tutelarne la privacy, come impone l'espediente comico che è il marchio di zerocalcare.
Non so come saranno gli altri suoi album, ma questo è più che eccellente.
La mia casa è un luogo che non accoglie persone, ma libri, e sono costretto a cercare di regolare severamente l'ingresso della carta stampata in casa, fallendo miseramente, dato che abito con gente che continuerà intelligentemente a comprare tonnellate di libri - anche inutili - fino a quando non verremo seppelliti definitivamente.
Vi è una limitata cerchia di libri che possono aggiungersi alla mia biblioteca personale e che sono abbastanza interessanti da vincere su quell'irritante sensazione che un giorno dovrò abbandonare questa casa perchè ogni suo singolo spazio per camminare, mangiare o cacare è stato occupato da libri.
Perchè succederà, visto che in questa casa si è realizzato l'idiota connubio fra l'acquisto compulsivo e l'accumulo seriale.
Detto questo, mi ero fatto prestare da un'amico uno degli albo di Zero Calcare per evitare questa gradevole sensazione.
E ho deciso che lo restituirò al proprietario e me lo comprerò per me.
La profezia dell'armadillo è un piccolo grande capolavoro.
È piacevole da leggere fin dall'introduzione scritta da Makkox, che non ha uno stile di disegno che personalmente mi piace, ma che scrive dannatamente bene.
Per chi non conosce Zerocalcare, è un fumettista che disegna strisce con storie brevi, storie di vita di tutti i giorni e trattate con umorismo, ma che ha anche provato a sperimentarsi in racconti più lunghi.
La profezia dell'armadillo è un insieme di strisce, legate le une alle altre in una trama che, tramite flashback, fa avanti e indietro fra il presente e l'infanzia dell'autore.
Si ride mentre si legge, si ride di gusto, eppure Zerocalcare non fa altro che mostrare la sua realtà, vista con gli occhi onesti di una persona semplice, schietta e con un grande senso dell'umorismo.
Non si ride soltanto.
Parla di cose serie, di una storia probabilmente vera e dolorosa per chiunque l'ha vissuta direttamente o indirettamente. Chi legge ride, poi si ferma, stupito di fronte a come evolve la storia, a come si approfondiscono i vari protagonisti. E poi ride di nuovo e si sorride alla fine, anche se con un sorriso amaro.
Questo albo ha il sommo pregio di dare tutto questo: leggero ma anche impegnato, divertente ma anche profondo, impregnato di ambiguità nevrotiche ma anche terribilmente lucido, rudemente proletario ma anche poetico, impregnato di una nobile semplicità.
E dannatamente realistico, anche quando i personaggi sono disegnati come personaggi di fantasia per tutelarne la privacy, come impone l'espediente comico che è il marchio di zerocalcare.
Non so come saranno gli altri suoi album, ma questo è più che eccellente.
venerdì 8 novembre 2013
Machete uccide
Nella mia vita manca equilibrio, lo penso in continuazione.
Un giorno vedo il film super intellettualoide con scappellamento a destra di Lars Von Trier e un giorno mi guardo l'ultima trashata di Rodriguez. Meno male che c'è Breaking Bad, che mi fa da stella polare come punto di riferimento per l'auro equilibrio fra qualità e intrattenimento non pretenzioso!
Non so se sono cambiato io nel tempo o se è peggiorato Rodriguez, se contiamo che il primo episodio di Machete mi aveva colpito favorevolmente e questo neanche un po'.
Probabilmente entrambe, con una prevalenza del secondo.
Nel secondo episodio della saga di Machete machete, per l'appunto, uccide ancora.
Il che impone a Rodriguez di darsi una mossa a fare il prossimo Machete (che non credo che vedrò, ci devo pensarem sono confuso!) perchè Danny Trejo lo vedo sempre più imbolsito, capace che nel prossimo lo troviamo rincoglionito come Vasco Rossi.
Lo stile di Rodriguez consiste nel gestire quasi interamente da solo il film, montaggio, regia, musica, pure gli effetti speciali. Quello che ha risparmiato sulle spese lo impiega per le guest star, andando a strapagare attori molto noti e a volte anche meritatamente per fare anche solo un paio di battute. Soldi suoi, cazzi suoi.
Certo, le musiche vanno pure bene, il montaggio non mi permetto di dare giudizi negativi, ma già gli effetti speciali non brillano e lo dice uno che non è un cultore del genere. Il film è molto più sciatto del precedente, cosa che personalmente non comprendo, dato che la logica vuole che un regista famoso nel suo genere a ogni nuovo film è più ricco e ha teoricamente più risorse, mentre con questo a questo punto raccatto qua e là un paio di amici cazzoni e facciamo un film a scazzo che potrebbe venire fuori quasi allo stesso livello.
Il film fa pure ridere, il problema fondamentale è uno.
Le cazzate di quel genere fanno ridere, anche tanto, ma fanno ridere se parliamo di un cortometraggio, roba che occupa 5-10 minuti della tua giornata, anche piacevolmente. Poi stucca. Questo è il motivo per il quale il primo Machete lo mandi giù e questo no: il primo è un film pieno di cazzate, ma con una trama di base che riesce a essere sensata per 10 minuti di fila. Qui no, il film parte subito con le cazzate a gogo, ridi per i primi 15 minuti, ogni tanto ti strappa un sorriso, qualche volta ridi di nuovo, ma il resto del film lo passi con una smorfia perplessa sulla faccia.
È come se avessero messo insieme i film di James Bond, di Guerre Stellari, roba B-Movie e le avessero riempite di comparsate messicane.
Un altro problema che qui emerge forte è la tendenza all'autocelebrazione masturbatoria di Rodriguez, almeno Tarantino fa continue citazioni al mondo del cinema, in questo film ho visto un sacco di citazioni a precedenti lavori dello stesso Rodriguez (e le ho notate io che non li ho neanche visti tutti) il che è francamente squallido.
Voto 5/10
Un giorno vedo il film super intellettualoide con scappellamento a destra di Lars Von Trier e un giorno mi guardo l'ultima trashata di Rodriguez. Meno male che c'è Breaking Bad, che mi fa da stella polare come punto di riferimento per l'auro equilibrio fra qualità e intrattenimento non pretenzioso!
Non so se sono cambiato io nel tempo o se è peggiorato Rodriguez, se contiamo che il primo episodio di Machete mi aveva colpito favorevolmente e questo neanche un po'.
Probabilmente entrambe, con una prevalenza del secondo.
Nel secondo episodio della saga di Machete machete, per l'appunto, uccide ancora.
Il che impone a Rodriguez di darsi una mossa a fare il prossimo Machete (che non credo che vedrò, ci devo pensarem sono confuso!) perchè Danny Trejo lo vedo sempre più imbolsito, capace che nel prossimo lo troviamo rincoglionito come Vasco Rossi.
Lo stile di Rodriguez consiste nel gestire quasi interamente da solo il film, montaggio, regia, musica, pure gli effetti speciali. Quello che ha risparmiato sulle spese lo impiega per le guest star, andando a strapagare attori molto noti e a volte anche meritatamente per fare anche solo un paio di battute. Soldi suoi, cazzi suoi.
Certo, le musiche vanno pure bene, il montaggio non mi permetto di dare giudizi negativi, ma già gli effetti speciali non brillano e lo dice uno che non è un cultore del genere. Il film è molto più sciatto del precedente, cosa che personalmente non comprendo, dato che la logica vuole che un regista famoso nel suo genere a ogni nuovo film è più ricco e ha teoricamente più risorse, mentre con questo a questo punto raccatto qua e là un paio di amici cazzoni e facciamo un film a scazzo che potrebbe venire fuori quasi allo stesso livello.
Il film fa pure ridere, il problema fondamentale è uno.
Le cazzate di quel genere fanno ridere, anche tanto, ma fanno ridere se parliamo di un cortometraggio, roba che occupa 5-10 minuti della tua giornata, anche piacevolmente. Poi stucca. Questo è il motivo per il quale il primo Machete lo mandi giù e questo no: il primo è un film pieno di cazzate, ma con una trama di base che riesce a essere sensata per 10 minuti di fila. Qui no, il film parte subito con le cazzate a gogo, ridi per i primi 15 minuti, ogni tanto ti strappa un sorriso, qualche volta ridi di nuovo, ma il resto del film lo passi con una smorfia perplessa sulla faccia.
È come se avessero messo insieme i film di James Bond, di Guerre Stellari, roba B-Movie e le avessero riempite di comparsate messicane.
Un altro problema che qui emerge forte è la tendenza all'autocelebrazione masturbatoria di Rodriguez, almeno Tarantino fa continue citazioni al mondo del cinema, in questo film ho visto un sacco di citazioni a precedenti lavori dello stesso Rodriguez (e le ho notate io che non li ho neanche visti tutti) il che è francamente squallido.
Voto 5/10
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NEL NOME DELL'ODIO
Sano, liberatorio, onesto, politicamente scorretto.
Qualcuno può rompere per gli argomenti che tratto e per come li tratto, ma ci stiamo dimenticando una cosa importante: chi crea un blog può scriverci quello che cazzo gli pare.
Qualcuno può rompere per gli argomenti che tratto e per come li tratto, ma ci stiamo dimenticando una cosa importante: chi crea un blog può scriverci quello che cazzo gli pare.